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A Piccarda

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Piccarda Donati fu una giovane pia e religiosissima, che scelse di entrare nel convento di S. Chiara a Firenze per farsi monaca. Il fratello però, per motivi di convenienza politica, la volle dare in sposa a Rossellino della Tosa, violente esponente dei Guelfi Neri: la giovane venne così rapita con la forza e costretta al matrimonio. Secondo quanto riportato da antichi commentatori danteschi, poco dopo essere stata portata via dal monastero Piccarda si ammalò e morì, anche se di ciò non vi è alcuna conferma diretta.

Vittima, come altre, dei doveri imposti dallo status sociale viene posta da Dante nel Paradiso per la sua devozione e la forza d’animo con la quale ha affrontato una simile violenza non perdendo la purezza e la sincerità della sua vocazione. Anticipando un pensiero moderno di libertà e rispetto, Dante mostra come Piccarda sia stata vittima di una società arida e prepotente, una mentalità dove la libertà e le scelte di una donna erano relegate alla volontà degli uomini della propria famiglia.

Nei tempi recenti sono molte le giovani alle quali viene imposta una vita che non desiderano, venendo uccise qualora tentino di ribellarsi: quest’opera è un omaggio a tutte le donne che come Piccarda hanno conservato dentro di loro la luce di una spiritualità e di una bontà d’animo tale da rendere il loro sacrificio un dono per la comunità. Nell’oscurità di un mondo dispotico e arrogante, la luce segreta della loro anima risplende e rasserena, come l’apparizione di un’entità mistica, angelica, affascinante.


"A Piccarda"
40x60 cm
Tecnica mista

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